: Ani Friedrich
: M come Mia
: emons: GIALLI TEDESCHI
: 9783960411604
: 1
: CHF 6.50
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: Krimis, Thriller, Spionage
: German
: 304
: kein Kopierschutz
: PC/MAC/eReader/Tablet
: ePUB
'In qualche modo era diverso dal solito.' L'inquietante vaghezza con cui la giornalista Mia Bischof chiede all´agenzia investigativa Liebergesell di rintracciare il suo compagno scomparso, un tassista, lascia in Tabor Süden e nei suoi colleghi un profondo disagio. Con un pedinamento finito male e la scoperta di oscuri legami tra l'estrema destra e molte delle persone in gioco, l'indagine entra in un terreno sempre più minaccioso. E mentre la polizia criminale e i servizi segreti sembrano ostacolare l'indagine per coprire delicati equilibri politici e interessi di Stato, Süden e i suoi colleghi si trovano pericolosamente soli di fronte alla violenza di una silenziosa rete di associazioni neonaziste. Un romanzo drammaticamente vicino ai fatti degli ultimi anni.Vincitore del Deutscher Krimi Preis 2014.

Friedrich Ani nasce nel 1959 in Baviera, a Kochel, e vive a Monaco. Pluripremiato giallista tedesco, vincitore per sei volte dell´autorevole Deutscher Krimi Preis, è anche autore di numerosi romanzi, libri per ragazzi, poesie,radiodrammi e sceneggiature.

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Il giorno del decimo anniversario della morte del figlio, Edith Liebergesell improvvisamente si rese conto che da tempo immemorabile non invitava più nessuno a casa sua. Seduta sul divano in pelle nera, gli occhi incupiti dai ricordi, attendeva le lacrime quando lo sguardo, spezzate le catene di quelle tenebre, andò a posarsi sulle candele verdi, gialle, rosse, bianche, marroni, beige, viola e ocra disposte l’una accanto all’altra sulla libreria bassa. Erano quattordici, alte circa dieci centimetri, con lo stoppino bianco, semplici, acquistate all’unico scopo di rallegrare il clima tra i commensali mentre si mangiava, si beveva, si chiacchierava.

Sull’orlo del divano con la foto incorniciata tra le mani, Edith immaginava di avere accanto a sé, come sarebbe stato naturale, persone che con lei condividevano quell’intimità a lume di candela. Che fumavano, oppure no. Single o solitari irriducibili. Forse con famiglia, o magari con un cane. Che quando parlavano, gli altri si zittivano in ascolto, non per buona educazione. Che si guardavano, si abbracciavano sulla porta, si offrivano di sparecchiare o lavare i piatti, senza mai imporsi al fermo diniego della padrona di casa. Che lasciavano dietro sé, ben oltre la mezzanotte, con i resti di cibo e vino incrostati su piatti e bicchieri, un silenzio musicato dal crepitio delle candele.

Avrebbe potuto essere tutto così, si disse, e in silenzio chiese alla foto che aveva tra le mani come mai soltanto allora si fosse accorta che oltre a lei non c’era proprio nessuno.

Poi le lacrime. La stanza vi annegò e quando tornò a galla fuori dalle finestre e in casa era buio pesto. Edith voleva alzarsi, ma non ci riusciva. Qualcosa – non il suo miserevole sovrappeso, non il dolore, non quel silenzio desolato, non la paura della luce che doveva accendere subito – la costringeva a resistere e a non mollare la fotografia. Qualcosa, meravigliandola, le fece alzare la testa e guardare verso il corridoio, oltre il telaio senza più la porta. Era tutto buio. Eppure c’era qualcosa di strano, qualcosa di fuori posto. Qualcosa che la spinse a scivolare ancor più in punta al divano, a premere le ginocchia l’una contro l’altra e a trattenere il respiro, per poi buttar fuori l’aria sbuffando così forte da spaventarsi.

La foto le scivolò di mano e cadde sul parquet. Il vetro non andò in frantumi. Si chinò, l’afferrò per la cornice con due dita e la sollevò. Contemplò quel volto di ragazzo, caro e adombrato, dagli occhi stretti e stanchi, e tornò a guardare verso la porta. Inspirò profondamente, a bocca aperta, un po’ come quando si russa nel sonno, e si alzò di colpo.

Tutto ciò che fino a un attimo prima l’aveva scoraggiata e turbata sembrò uscirle da dentro con la forza di un’esplosione. In quel momento un pensiero annichilì tutti gli altri, dando vita a una sensazione che non capiva da dove venisse e alla quale si arrese, inerme. È successo, pensò dal profondo del cuore. Oggi ci sono arrivata, oggi, a partire da quest’ora.

Dieci anni dopo il rapimento e l’assassinio di Ingmar, Edith nel suo appartamento capì che il distacco, da quel momento in poi, non sarebbe stato più un processo cruento, ma una cicatrice, qualcosa di suo come la voce. Parte della sua persona. La morte di Ingmar non apparteneva più all’assassino ma a lei sola, sua madre. Per poco non riprese a pia